

Sembra una sorta di prodigio, scendere sotto il quattrocentesco Palazzo Confalone e ritrovarsi in uno dei vomitoria, cioè le vie di entrata ed uscita aperte sugli ambulacri e, da questi, arrivare alla cavea, anche attraverso delle scale a seconda dell'ordine di posto da occupare.


Quando si lascia l'ambulacro, è uno spettacolo uscire all'esterno, come se si fosse uno spettatore di duemila anni or sono, e vedere ancora una buona parte della media cavea, le gradinate a metà altezza, circondata dai palazzi. È possibile scorgere anche qualcosa della imma cavea, i posti immediatamente davanti al proscenio e destinati alle autorità. Perduto è invece il terzo ordine dei posti, quello più in alto, la summa cavea, dove si sedevano donne e bambini. Su via Anticaglia, poi, sono ancora visibili alcuni degli archi a sostegno del teatro.
Inutile dire che entrare nel teatro di Neapolis è una di quelle esperienze che si rendono complici dell'innamoramento di questa città che, senza soluzione di continuità, accompagna i suoi fortunati abitanti e visitatori in un sontuoso viaggio nel tempo lungo migliaia e migliaia di anni.

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