Se
visitate la Certosa di San Martino a Napoli, soffermatevi su un’epigrafe
generalmente ignorata, anche perché posta in posizione assai defilata.
In
realtà quell’antica iscrizione ci mette direttamente a contatto nientemeno che
con l’origine del nostro Stato duosiciliano, cioè con Ruggero II d’Altavilla (detto Ruggero il normanno) il quale, grazie alla bolla di Papa Anacleto II del 27 settembre 1130, fu incoronato Re il 25 dicembre dello stesso anno, dando inizio alla nostra storia nazionale.
Uno scorcio del chiostro grande. |
Anzitutto, ecco le indicazioni per trovare l'epigrafe. Entrati nella Certosa, raggiungete il chiostro grande e, appena avuto accesso ad esso, percorrete tutto il porticato alla vostra sinistra. Al termine di esso, su di una porta che fa angolo col porticato a destra, vi è un busto raffigurante San Gennaro, opera di Domenico Antonio Vaccaro. Proseguendo oltre, si entra in un corridoio piuttosto buio: subito alla destra troverete un'altra grande epigrafe -che un tempo era al Maschio Angioino (Castel Nuovo)- la quale ricorda i lavori di restauro del castello, opera di Carlo I D'Angiò nel 1283, promossi da Ferdinando I Re delle Due Sicilie nel 1823.
Essa fu ritrovata nel 1772, scavando tra le macerie di Mirabella Eclano (AV), completamente distrutta da un terremoto nel 1732. In realtà nel XII
secolo la località si chiamava Aquaputrida, mentre solo due secoli più tardi le fu dato il nome di Mirabella.
Ad
Aquaputrida aveva fatto costruire un castello, con ampia cinta muraria protettiva, Guglielmo Gesualdo, figlio del signore della cittadina già chiamata Gesualdo (sempre in Irpinia) e discendente
di un figlio naturale di Roberto il Guiscardo: dal fratello di quest’ultimo
discendeva lo stesso Re Ruggero.
Il
castello di Aquaputrida fu completato proprio nel 1130, allorché Ruggero ricevette il titolo di Re e confermò Guglielmo Gesualdo nei suoi domini. Il
castello e le mura furono poi anch’essi completamente distrutti nel terremoto del 1732. Gugliemo
fece inserire nella cinta muraria un’iscrizione che lodava Re Ruggero: si tratta proprio di quella ritrovata nel 1772 e oggi conservata nella Certosa di San Martino.
L’epigrafe
dice (conservando qualche errore ortografico):
YTALUS
ET SICULUS VETERU FAUSTIUS RENOVANDO ROMANOS PUGNIS REX VINCIT ET HEDIFICANDO
MENIA CUM LATIO SIT MAXIMA REX OPERATUS HEC FIERI IUSSIT GUILIEMO QUI DUCE
NATUS ROGGERIO CONSTAT QUI SINE FINE BEATUS ANO PREFATUS QUO REX FUIT IPSE
LEVATUS ROGGERIUS SCEPTRO DIADEMATE MAGNIFICATUS HOC OPUS EST ACTU CUNTIS
SPECTANTIBUS APTUM.
Notiamo
almeno due cose.
“ET HEDIFICANDO
MENIA” segnala che fu proprio Ruggero a commissionare le mura fortificate a “GUILIEMO”.
Ma
la cosa più interessante è “ANO PREFATUS QUO REX FUIT IPSE LEVATUS ROGGERIUS
SCEPTRO DIADEMATE MAGNIFICATUS HOC OPUS EST ACTU”, che indica che la
costruzione terminò proprio l’anno in cui Ruggero fu insignito dello scettro e
della corona.
Insomma,
davanti a questa epigrafe si è in qualche modo al cospetto del Big Bang delle Due
Sicilie: la nascita del nostro Paese.
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