25/06/20

L'edicola di Giovanni Leonardo


Nella zona di Castel Capuano, l’antico tribunale e carcere detto ‘a Vicaria, c’è un lungo e stretto vicolo che parte da via Tribunali e giunge a Forcella: vico nuovo della Pace. Percorrendolo in questa direzione, ben presto sulla destra appare un’antica e solenne edicola votiva, una delle innumerevoli presenti a Napoli. Ma questa ha una storia davvero speciale.

L'edicola votiva.
L'epigrafe posta nell'edicola votiva.
Diciamo subito che necessiterebbe e meriterebbe un serio restauro, per riportare alla luce il lavoro in marmo e piperno che la caratterizzano; per raccontare la storia legata a questo altarino, poi, si può partire dalla grande epigrafe posta alla base.
L’edicola, dedicata alla Madonna delle Grazie, alla fine del Seicento era semplice e spoglia. Questo non piaceva ad un uomo di grande fede e profonda cultura: Giovanni Leonardo Rodoero che, nell’anno 1700, a sue spese la fece abbellire.
In alto si vede lo stemma della famiglia Rodoero, originaria della Francia, trasferitasi a Napoli in età angioina: d’azzurro alla ruota d’oro, sormontato da una corona antica da nobile.
Ma chi era Giovanni Leonardo Rodoero, che nell’epigrafe viene indicato come “i. c. neap.”, cioè giureconsulto napolitano?
Era nato a Monte Corvino, nel Principato Citeriore (oggi provincia di Salerno), nel 1640: avvocato assai stimato nella Napoli del Seicento, dottore in entrambi i diritti (Utriusque Iuris Doctor): civile e penale. Sposò in prime nozze Pellegrina Demolodede, da cui ebbe un figlio, Giacomo e, alla morte di questa, Brigida De Pichis, con la quale ebbe un altro figlio, Giuseppe.

Ritratto di G. L. Rodoero all'età di 25 anni.
Giovanni Leonardo fu autore di opere considerate notevoli, soprattutto relative al diritto civile napolitano. Il testo probabilmente più conosciuto, pubblicato nel 1666, quando aveva appena ventisei anni, è Copiosae utilesque additiones seu potius observationes (…), relative al I volume delle risoluzioni di Donato Antonio De Marinis, già Presidente della Regia Camera della Sommaria e Reggente della Regia Cancelleria. L’opera porta la dedica all’allora Viceré di Napoli, il Cardinale Pasquale Aragona (Pascual de Aragón Córdoba Cardona y Fernández de Córdoba), un personaggio per nulla secondario nella scena dell’epoca, egli infatti fu Arcivescovo Metropolita di Toledo e addirittura Inquisitore Generale di Spagna.

Possiamo ben immaginare Giovanni Leonardo mentre quotidianamente si reca alla Vicaria per compiervi i suoi uffici, passando e ripassando davanti a quell’edicola votiva, soffermandosi a pregare. Ma proprio non doveva andargli giù che la Beata Vergine Maria dovesse avere un altarino così spoglio. Insigne studioso e anzitutto uomo di grande fede, venne descritto come praeclarissimus ac eruditissimus; dottore e avvocato napolitano di fertile ingegno; uomo di costumi antichi e di somma probità che esercitò la carica di avvocato con somma lode e disinteresse e, soprattutto, la probità ed onestà fu il suo preciso carattere; uomo portatissimo alla pietà, ed alla religioneLa fama di Giovanni Leonardo si estese anche all’estero e, ad esempio, fu più volte citato nelle Costituzioni Sinodali della Diocesi di Girona, in Spagna, pubblicate nel 1691 dal locale vescovo Michele Pontich (+ 26 gennaio 1699).

La chiesa di Santa Maria della Carità.
E da uomo pio e dotto fu presente nella vita della Chiesa napoletana, attraverso la Confraternita di Santa Maria della Carità che era stata fondata, nella prima metà del Cinquecentocon l’omonima chiesa. Questa Confraternita promuoveva una sorta di assistenza itinerante, in giro per la città alla ricerca di infermi poveri da aiutare con medicinali, denaro e visite mediche. Grazie ad un lascito di Paola Acquaviva d’Aragona di 3.000 ducati, la Confraternita realizzò, poi, nel 1548 il Conservatorio di Santa Maria della Carità, per fanciulle senza dote, che non potevano né sposarsi né monacarsi, ma anche per quelle la cui vita era messa in pericolo da padri, fratelli o altri. Un antico esempio di tutela dall'induzione alla prostituzione, dalla violenza domestica e da quello che oggi è chiamato femminicidio, attraverso la prevenzione. La chiesa divenne parrocchia nel 1597, ma nel 1694 tale funzione fu trasferita ad un’altra chiesa, edificata a spese della Confraternita stessa e dedicata a San Liborio, nel contiguo omonimo vicolo. Rodoero concorse con altri a fornire l’assenso alla decisione, essendo nel numero dei delegati del Viceré al governo del Conservatorio. Nel 1957 la sede parrocchiale tornò alla primitiva chiesa (che ha accesso da piazza Carità), poiché l’altra fu sconsacrata e chiusa in quanto pericolante.

Gli anni in cui visse Giovanni Leonardo Rodoero furono costellati da eventi drammatici, tra cui ben nove eruzioni del Vesuvio. All’età di 7 anni ci fu la rivolta di Masaniello e, quando egli ne aveva 16, una terribile epidemia di peste.
Morì nel 1701, l’anno dopo aver abbellito l’edicola votiva, e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria della Pace, in corrispondenza della cupola, a pochi passi sia dalla Vicaria che da quel suo amato angolo di preghiera.
Il luogo di sepoltura nella chiesa di S. Maria della Pace.

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