19/07/21

Andrea, Leonardo e il dotto sovversivo

 


C'è un quadro a Napoli che riscosse la particolare attenzione di Francesco de’ Pietri, giurista ed umanista napoletano membro dell’Accademia degli Oziosi, vissuto tra il 1575 e il 1645 ca. Egli fu autore di numerose pubblicazioni di carattere letterario, storico e giuridico; in queste ultime sosteneva un rinnovamento basato su principi umanistici, cosa che gli valse successo e preoccupazioni. Lo stesso quadro non ebbe vita facile: soggetto a spostamenti e oggi come dimenticato. 

       L'impegno civile di Francesco de' Pietri si manifestò anche nella trattazione di cause riguardanti l’ammissione nei Seggi -gli organi dell’amministrazione cittadina- delle famiglie di giovane nobiltà, osteggiata dalle famiglie di più antico patriziato che in tale resistenza erano appoggiate dalla Corona. Proprio in questo contesto nasce la sua “Historia Napoletana”, pubblicata a Napoli nel 1634. L’opera contiene le sue idee sulla consolidata autonomia della città e sul rinnovamento del governo locale, che riteneva dovesse estendersi -ben oltre gli appartenenti all’antica nobiltà- a tutti coloro che a vario titolo potessero essere considerati membri ragguardevoli della società. Gli piovvero addosso molte critiche, accusato di essere un rivoltoso repubblicano: insomma, un dotto sovversivo. Nella seconda parte del suo libro, Francesco de’ Pietri affronta proprio la storia di nobili famiglie e, allorché tratta dei Seripando e senza alcun legame con essi, interpola un lungo inciso su alcuni preziosi dipinti presenti nelle chiese di Napoli: “Hor con tal’occasione farem mentione d’alcune illustri Dipinture, che sono in Napoli”. Nel lungo elenco ad un certo punto si legge: “In S. Restituta è l’Imagine di S. Anna, con la Vergine, e col Putto Giesù, di quel Leonardo da Vinci Fiorentino” (p. 203).

 La presenza di un quadro di Leonardo nel Duomo di Napoli, cui la Basilica di Santa Restituta è annessa, viene ripresa successivamente da Carlo de Lellis nella sua opera “Aggiunta alla Napoli sacra dell’Engenio Caracciolo”: “Appresso la porta picciola della medesima, alla destra della chiesa, è la Cappella della famiglia Polverino, nella quale è l’imagine di Sant’Anna, con la Vergine Maria sua figlia, e col putto Gesù, opera di quel Leonardo da Vinci, fiorentino, come viene testificato da Francesco de Petris nel discorso della famiglia Seripando(Biblioteca Nazionale di Napoli, manoscritto X.B.20, Napoli entro il 1689; edizione digitale Fondazione Memofonte, Napoli-Firenze 2013, Tomo Primo, p. 100). Ma nell’edizione a stampa del 1645, “Parte seconda o’ vero Supplimento a Napoli sacra di D. Cesare d’Engenio Caracciolo”, egli non ne fa menzione.

            Luigi Catalani in “Le chiese di Napoli. Descrizione storica ed artistica”, edita a Napoli nel 1845, scrive: “Nella cappella della famiglia Rossi il quadro in tavola con S. Anna, la Beata Vergine ed il figliuolo è copia di quello che prima vi stava di Andrea da Salerno. (…) Viene in seguito 1’abolita cappella della famiglia Polverino, in cui si vedono una mezza figura della Vergine Addolorata che viene dal Bassano, e varie memorie di questa famiglia” (pp. 51-52). Più avanti, a proposito della Basilica di San Paolo Maggiore, Catalani scrive che nella stanza precedente la sacrestia, c’è “buona copia di un quadro di Leonardo da Vinci, esistente su di un altare nella chiesa della SS. Nunziata in Firenze, creduta qui da alcuni originale” (p. 118): potrebbe riferirsi al cartone preparato nel 1501 da Leonardo -con Sant’Anna, la Vergine e il Bambino- per la basilica fiorentina e ritenuto perduto.

             Di Andrea Sabatini, noto come Andrea da Salerno, vissuto a cavallo tra XV e XVI secolo, vi sono scarse notizie biografiche, ma si sa che fu attivo nella nostra area fino al 1530. Un lavoro di Leonardo (datato tra il 1501 e il 1519) -con Sant’Anna, la Madonna e il Bambino- si trova dal 1801 al Museo del Louvre a Parigi e si ipotizza che possa essere una copia fatta dallo stesso Leonardo, forse con varianti, di quello fiorentino. Sulla storia di questo quadro prima dell’arrivo al Louvre c’è più di un’ipotesi, ma nessuna delle quali lo fa passare per Napoli.

           

La cappella Polverino come
si presenta attualmente.
Carlo Celano in “Notizie del bello dell’antico e del curioso della città di Napoli” (vol. II, tomo I, edizione del 1856 curata ed ampliata da Giovanni Battista Chiarini) conferma che nella cappella della famiglia de’ Rossi, dedicata a Sant’Anna, vi è un dipinto su legno, copia di un’opera di Andrea da Salerno, mentre nella cappella dell’estinta famiglia Polverino vi è un’Addolorata del Bassano (pp. 261 e 263). Il Celano, nell’edizione originale del 1692, parla di una tavola “nella quale stà espressa S. Anna, la Vergine, & il Figliuolo Giesù: opera d’Andrea di Salerno” (p.128).

Nulla dicono in proposito sia Cesare d’Engenio Caracciolo  nella “Napoli Sacra”, del 1623, che Pompeo Sarnelli nella sua “Guida de’ forestieri curiosi di vedere e d’intendere le cose più notabili della regal città di Napoli e del suo amenissimo distretto”, del 1697.

Come ricorda Francesco de’ Pietri nella sua "Historia", a Napoli vi erano molti dipinti “di gran conto” e, già ai suoi tempi, molti più ve n’erano di “sommo, & incomparabil pregio, ma da forastieri imbolate” (p. 204). Una triste constatazione e un tristissimo presagio.

 Oggi la cappella Polverino è assai cambiata rispetto alle descrizioni seicentesche, ottocentesche e persino qualcuna contemporanea; del dipinto di Sant’Anna non vi è traccia, così come nella seguente cappella de’ Rossi. Dov’è dunque?

Si trova sempre nella Basilica di Santa Restituta (navata destra, quarta cappella, parete destra) in una collocazione poco evidente e che nulla ha più a che vedere con i testi sopra esaminati. Raffigura Sant’Anna con in braccio la Vergine che, a sua volta, regge il Bambino. La scena è completamente diversa, pur con i medesimi sacri personaggi, rispetto al disegno di Leonardo per l’Annunziata, al dipinto che si trova al Louvre e al disegno conservato nella National Gallery di Londra (detto “cartone di Burlington House”). L'opera pare dunque essere di Andrea da Salerno, cosa che renderebbe un grossolano errore l’attribuzione a Leonardo fatta dal dotto sovversivo Francesco de’ Pietri nel 1634 e ripresa poi, acriticamente, dal de Lellis nel suo manoscritto.

La cappella Caracciolo in cui
è collocato oggi il dipinto.

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