Il culto della sirena Partenope, che nella
raffigurazione mitica originaria è sempre un grande uccello con la testa di
donna e mai una donna con una grande coda di pesce, è strettamente legato alla storia
più antica di Napoli.
+ OMNIGENUM REX AITOR
SCS IAN
PARTHENOPEM TEGE FAUSTE
Strabone, lo storico e geografo vissuto tra il I secolo a.C. e il I d.C., nella sua monumentale opera “Geografia”, a proposito della tomba della sirena scrive: «Dopo Dicearchia c’è Neapolis, città dei Cumani (più tardi vi si trasferirono anche dei Calcidesi ed alcuni da Pitecusa e da Atene, perciò poi la chiamarono Neapolis). Quivi si suole indicare la tomba di Partenope, una delle Sirene, e secondo un antico oracolo vi si tiene anche un agone ginnico» [1].
L’intima relazione tra i due nuclei - Partenope e
Neapolis – rende la città attuale assolutamente continuazione tanto dell’uno
quanto dell’altro. La nostra storia risale approssimativamente all'VIII sec. a.
C. e non al V, perciò occorrerebbe mettere da parte la recente abitudine di non
computare il nucleo originario di Partenope per stabilire l’età di Napoli che,
dunque, ha ben più di duemilacinquecento anni. Senza una polis vecchia,
non si sarebbe potuto parlare di una nuova polis: νεα πολισ Neapolis. Come
non si può computare l’età di una persona a partire dall’adolescenza,
tralasciandone l’infanzia, così è necessario evitare di far coincidere la
nascita della città col tracciamento di Neapolis.
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Didrammo di Neapolis 450-430 a.C. (Napoli, Museo Archeologico) |
Dal didrammo di Neapolis (450-430 a.C.) si evince come i neapolitani avessero piena contezza del fatto che la loro storia fosse iniziata ben anteriormente con Partenope. Tanto che le prime monete a circolare nella nuova città, costituivano un esplicito elemento di continuità con il precedente nucleo urbano. Sul recto c'è la testa di Partenope e sul verso Acheloo, padre della sirena, in forma di toro androprosopo cioè dal volto umano (e barbuto). Un oggetto di uso quotidiano che, passando di mano in mano, ricordava agli abitanti di non essere appena nati, ma di avere alle spalle una notevole storia carica di avvenimenti. Il toro androprosopo fu anche interpretato come Ebone, ΗΒΟΝΙ ΕΠΙΦΑΝΕΣΤΑΤΩ ΘΕΩ (chiarissimo dio), all’origine della mitica fondazione di Cuma e promesso sposo di Partenope: quasi a sancire un’alleanza tra le due polis. In tal senso il mito fu ripreso, duecento anni or sono, in una rappresentazione al Real Teatro di San Carlo, il 12 gennaio 1824 in occasione del compleanno di Ferdinando I delle Due Sicilie: un esempio di come rievocare un mito senza impoverire la storia.
L’umanista
Niccolò Leonico Tomeo (1456-1531) nel De varia historia libri tres (I ed. 1531) ha descritto quella
che proprio ad Atene partiva dall’Accademia: qui gli atleti attingevano il
fuoco all’altare di Prometeo, collocato all’interno del recinto sacro. Questo
racconto può gettare una luce sullo svolgimento della gara napoletana. Anzitutto
vi era una regola ferrea: durante la corsa, le fiaccole portate dai lampadofori
non dovevano mai spegnersi. In caso contrario, a nulla sarebbe valso arrivare
primi, la vittoria sarebbe stata assegnata al secondo o al terzo e così via,
cioè al primo arrivato con la fiaccola accesa. Se nessuna fiaccola fosse giunta
infuocata all’arrivo, non ci sarebbe stato vincitore [4].
Anche Giulio Cesare Capaccio (1550-1634), riportando quanto scritto da Pausania
(II sec. d.C.) a proposito dell’agone di Atene, specifica la regola
fondamentale della corsa: vince chi per primo arriva al traguardo con la fiamma
accesa, dunque anche se secondo o terzo, eccetera; se poi tutte le fiaccole si
spengono non vi è vincitore [5].
Quale era il
premio? Forse colui che giungeva primo con la fiaccola accesa riceveva una
corona e una giara di vino [6].
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Vico Lampadio come si presenta oggi (lato via Giudecca Vecchia) |
Fabio Giordano (1539/40-1589), erudito e studioso di
topografia storica di Napoli, ritenne che il vicus Lampadi prendesse il
nome dalla Lampadedromia, poiché si trovava in un’area prossima al ginnasio e
dunque sul suo percorso [13].
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Didrammo di Neapolis, 340-241 a.C Washington Numismatic Gallery, Inc. |
Bartolommeo Capasso (1815-1900) menziona vico Lampadio collegandolo direttamente all’istituzione delle corse lampadiche, che ascrive a Diotimo, precisando: «Esse consistevano in una gara tra uomini forniti di una fiaccola accesa, i quali dovevano senza farla smorzare correre tutt’insieme da un punto prefisso ad un altro. Non potevano aspirare alla palma coloro cui spegnevasi la face» [16]. Il vico si chiamava così «o perché conteneva la palestra in cui la gioventù imparava a correre portando la face accesa, o perché là si ordinava e incominciava la corsa». Quanto al percorso, anche Capasso ritiene che la gara non si svolgesse all’interno del ginnasio ma, a somiglianza di Atene, si sviluppasse all’esterno: partenza dal vico Lampadio e arrivo al tempio della divinità cui erano dedicate [17]. Egli colloca quella di Partenope, seguendo Fabio Giordano, «nel punto più elevato della città, presso il tempio della Fortuna» [18].
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Ulisse e le sirene (British Museum, Londra, V sec a.C.) |
Questo appuntamento ufficiale e ricorrente della città, festa della sirena Partenope, avrebbe ricadute educative e sociali importanti. Anzitutto ricorderebbe che, con i ricchi lasciti di Partenope e di Neapolis, Napoli è una tra le città più antiche al mondo abitate senza soluzione di continuità fino ad oggi, dotata di un immenso patrimonio storico-culturale. Per superare le pressanti azioni di mortificazione razzista antinapoletana e di colonizzazione mentale, educare alla consapevolezza e all’identità è una strada efficace per il cambiamento: una strada nuova per la pace, un Vico Nuovo della Pace.
[2] «νυνὶ δὲ πεντετηρικὸς ἱερὸς ἀγὼν συντελεῖται παρ᾽ αὐτοῖς μουσικός τε καὶ γυμνικὸς ἐπὶ πλείους ἡμέρας, ἐνάμιλλος τοῖς ἐπιφανεστάτοις τῶν κατὰ τὴν Ἑλλάδα.» (V,7).
[3] Elena Miranda, L’identità greca di Neapolis, in L’héritage grec des colonies romaines d’orient.
Interactions culturelles dans les provinces hellénophones de l’empire romain,
Éditions de Boccard, Paris 2017, pp. 355-370.
[4] «ut intercurrendum accensas conservarent faces, quae si cui extinguebatur in opere, nihil erat primas currendo tulisse (…) quod si omnibus continenter extinctae fuissent faces, nulli proculdubio eius rei victoria ascribebatur» (Niccolò Leonico Tomeo, De varia historia libri tres, Gryphius, Lione 1532, p. 51).
[5] Neapolitanae Historiae, Io. Iacobum Carlinum, Napoli 1607, tomo I, p. 261.
[6] Roy Merle Peterson, The Cults of Campania, Alfieri &
Lacroix, Roma 1919 p. 177.
[7] I fratelli Isacco e Giovanni Tzezes, letterati originari di Costantinopoli, vissero nel XII secolo; ciascuno di essi rivendicò di essere l’autore del commento all’Alexandra di Licofrone (Lycophronis, Alexandra, a cura di Eduard Scheer, vol. II scholia continens, Berolini, Weidmann 1881). In esso, citando Timeo, si racconta di Diotimo a Neapolis: «Τίμαιος ὁ Σικελικός φησι, Διότιμον, τὸν Ἀθηναῖον ναύαρχον, παραγενόμενον εἰς Νεάπολιν, κατὰ χρησμὸν θῦσαι τῇ Παρθενόπῃ·καὶ δρόμον ποιῆσαι λαμπαδικὸν, ὅνπερ λαμπαδικὸν ἀγῶνα καὶ δρόμον οἱ Νεαπολῖται ἐτησύος ἐτέλουν… Διότιμος δὲ εἰς Νεάπολιν ἦλθεν, ὅτε στρατηγὸς ὢν τῶν Ἀθηναίων ἐπολέμει τοῖς Σικελοῖς» (Karl Müller, Fragmenta Historicorum Graecorum, Ambrosio Firmin Didot, Parigi 1861, p. 218). Emanuele Ciaceri, La Alessandra di Licofrone. Testo, traduzione e commento, Giannotta, Catania 1901.
[8] «tuque, Actaea Ceres, cursu cui semper anhelo / votivam taciti quassamus lampada mystae» (Publio Papinio Stazio, Silvae, IV, 8, 50-51).
[9] Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, s.e., Napoli 1803, tomo VI, pp. 207-208. Il Dizionario fu pubblicato in dieci tomi tra il 1797 e il 1816.
[10] Chiamata
anche Nolana o Termense o Herculense.
[11] Daniello Maria
Zigarelli, Biografie dei Vescovi e
Arcivescovi della Chiesa di Napoli, Gioja, Napoli 1861, pp. 21-22. Arcidiocesi
di Napoli, La cronotassi
episcopale inserita nella storia della città, Archivio Storico Diocesano, Napoli 2016.
[12] «Rustica per ultimum
voluntatis suae arbitrium, in civitate
Neapolitana, in domo propria, in regione Herculensi, in vico qui appellatur Lampadi, monasterium construi
voIuerit ancillarum Dei».
(S. Gregorio Magno, Registrum epistolarum,
III, 63). Bartolommeo Capasso, Napoli greco-romana esposta nella topografia e nella vita, a cura
della Società Napoletana di Storia Patria, Pierro, Napoli 1905, p. 169, nota 102. Ufficio Tecnico degli Scavi delle
Province Meridionali, Pompei e la regione
sotterrata dal Vesuvio nell’anno LXXIX, Giannini, Napoli 1879, p. 14.
[13] Fabio Giordano, Descriptio
Campaniae Veterumque monumentorum et locorum in ea existentium, manoscritto
autografo custodito nella Biblioteca Nazionale di Napoli, XIII.B.26 (opera
elaborata tra il 1571 e il 1589).
[14] Carlo Celano, (1692) Notizie del bello,
dell’antico, e del curioso della città di Napoli raccolte dal Can.o
Carlo Celano […] con aggiunzioni […] per cura del Cav. Giovanni Battista
Chiarini, Floriana, Napoli 1856, vol. II, p. 372.
[15] Carlo Celano, op. cit., Floriana,
Napoli 1856, vol. II, pp. 363 e 371-373; Chiurazzi, Napoli 1870, vol. III, p. 814; Mencia, Napoli 1859, vol. IV p. 172.
[16] Bartolommeo Capasso, Napoli greco-romana esposta nella topografia e nella vita, a cura della Società Napoletana di Storia Patria, Pierro, Napoli 1905, p. 45.
[17] Bartolommeo Capasso, op. cit., p. 46.
[18] Bartolommeo Capasso, op. cit., p. 93.
[19] Niccolò Carletti, Topografia universale della città di Napoli in Campagna Felice, Stamperia Raimondiana, Napoli 1776, pp. 142-143 e 149-150.
[20] Gaius Julius Solinus (III sec. d. C.): «Parthenope a Parthenopis Syrenis sepulchro, quod oppidum postea Augustus Neapolim esse maluit» (Collectanea rerum memorabilium, II, 9). «Partenope dal sepolcro di Partenope Sirena, laquale Augusto volle che piu tosto di chiamasse Napoli» (Solino, Delle cose maravigliose del mondo, tradotto dall’Illustriss. Signore don Giovanni Vincenzo Del Prato, Conte d’Anversa, Gabriel Giolito de’ Ferrari, Venezia 1559, p. 49). Sant’Isidoro di Siviglia (ca. 560 - 636): «Parthenopea Parthenope quadam virgine illic sepulta Parthenope appellata; quod oppidum postea Augustus Neapolim esse maluit» (Etymologiae, XV, 60).
Nota bibliografica
- Arcidiocesi
di Napoli, La cronotassi episcopale
inserita nella storia della città, Archivio Storico Diocesano, Napoli 2016.
- Capaccio
Giulio Cesare, Neapolitanae Historiae,
Carlinum, Napoli 1607, tomo I.
- Capasso Bartolommeo,
Napoli greco-romana esposta nella
topografia e nella vita, a cura della Società Napoletana di Storia Patria,
Pierro, Napoli 1905.
- Carletti
Niccolò, Topografia universale della
città di Napoli in Campagna Felice, Stamperia Raimondiana, Napoli 1776.
- Celano Carlo,
Notizie del bello, dell’antico, e del
curioso della città di Napoli raccolte dal Can.o Carlo Celano […]
con aggiunzioni […] per cura del Cav. Giovanni Battista Chiarini, Floriana,
vol. II, Napoli 1856; vol. III, Chiurazzi, Napoli 1870; vol. IV, Mencia, Napoli 1859.
- Ciaceri
Emanuele, La Alessandra di Licofrone.
Testo, traduzione e commento, Giannotta, Catania 1901.
- Fusillo Massimo,
L’“Alessandra” di Licofrone: Racconto
epico e discorso ‘drammatico’, Annali
della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia,
vol. 14, no. 2, 1984, pp. 495–525.
- Giordano
Fabio, Descriptio Campaniae Veterumque monumentorum et locorum in ea
existentium, manoscritto autografo custodito nella Biblioteca Nazionale di
Napoli, XIII.B.26.
- Giustiniani
Lorenzo, Dizionario geografico ragionato
del Regno di Napoli, s.e., Napoli 1803, tomo VI.
- Gregorio
Magno, Registrum epistolarum.
- Isidoro di
Siviglia, Etymologiae.
-Lycophronis,
Alexandra, a cura di Eduard Scheer,
vol. II scholia continens, Berolini,
Weidmann 1881.
- Miranda Elena,
L’identità greca di Neapolis, in L’héritage grec des colonies romaines
d’orient. Interactions culturelles dans les provinces hellénophones de l’empire
romain, Éditions de Boccard, Paris 2017, pp. 355-370.
- Müller Karl,
Fragmenta Historicorum Graecorum,
Ambrosio Firmin Didot, Parigi 1861.
- Peterson Roy
Merle, The Cults of Campania,
American Academy in Rome, Alfieri & Lacroix, Roma 1919.
- Rea
Giuseppina, Scavi archeologici e scoperte
di antichità nella città di Napoli nella Historia Neapolitana di Fabio Giordano,
diss. Dottorato di ricerca in Scienze archeologiche e storico artistiche,
Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Studi Umanistici,
ciclo XXIV, a.a. 2011/2012.
- Rossi Alessio
Niccolò, Dissertazioni intorno ad alcune
materie alla città di Napoli appartenenti, vol. I, Stamperia Muziana,
Napoli 1758.
- Solinus
Gaius Julius, Collectanea rerum
memorabilium. [trad. it.: Solino, Delle cose maravigliose del mondo, tradotto
dall’Illustriss. Signore don Giovanni Vincenzo Del Prato, Conte d’Anversa,
Gabriel Giolito de’ Ferrari, Venezia 1559].
- Statius
Publius Papinius, Silvae.
- Στράβων, Γεωγραϕικά. [trad. it.: Strabone, Geografia, libri V-VI (introduzione,
traduzione e note di Anna Maria Biraschi), Biblioteca Universale Rizzoli,
Milano 19943].
- Tomeo
Niccolò Leonico, De
varia historia libri tres,
Gryphius, Lione 1532, p. 51. [trad. it.: Li tre libri di Nicolò Leonico de
varie historie, nuovamente tradotti in lingua volgare, s.e., Venezia 1544].
- Ufficio Tecnico degli Scavi delle Province Meridionali, Pompei e la regione sotterrata dal Vesuvio nell’anno LXXIX, Giannini, Napoli 1879.
- Zigarelli Daniello Maria, Biografie dei Vescovi e Arcivescovi della Chiesa di Napoli, Gioja, Napoli 1861.
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