All’inizio di via Manzoni, sulla
sinistra, si trova la settecentesca Villa Patrizi con belle linee barocche
e il portale di gusto sanfeliciano, laddove, al lato opposto della strada, si
apre una viuzza chiamata via vicinale Torre Cervati che scende lungo il fianco
della collina sul versante di Fuorigrotta. Quest’area un tempo rappresentava,
insieme con la villa, l’estesa proprietà del marchese e giudice Pietro Patrizi: un’epigrafe coeva ce ne racconta una storia.
L'ex monastero di San Giovanni |
Il Patrizi, come ricorda l’epigrafe,
possedeva una cospicua
massaria di circa moggia cento trenta (130 moggi erano pari a quasi 44 ettari) a Posillipo,
in questa zona detta San Giovanni dove sorgeva un monastero (poi diventato
masseria e attualmente destinato ad abitazione), circondata per protezione da
mura e siepi, nonché provvista di porte chiudibili. A partire dall’arco con l’epigrafe
la strada
si
chiama oggi cupa San Giovanni. Egli denunciò alla Delegazione del Regio Ufficio di
Montiero Maggiore, il fatto che alcuni cacciatori, avendo scavalcato dette mura
e siepi, avessero danneggiato la proprietà, domandando opportuni provvedimenti
per evitare il ripetersi di tali atti.
L'accesso alla masseria sormontato dall'epigrafe |
Il
Montiero Maggiore aveva competenza in materia di caccia, come il rilascio delle
licenze, la riscossione dei diritti dell’erario, la vigilanza di campagne e
paludi (una sorta di guardiacaccia), ma soprattutto la giurisdizione sui reati
di caccia. Interessante il fatto che il Montiero Maggiore esercitasse anche
l’avvocatura della caccia: in un’epoca in cui vi era grande e diffuso interesse
per l’attività venatoria, secondo una sensibilità non paragonabile a quella dei
tempi attuali in cui prevale la contestazione verso di essa, l’ufficio era
deputato alla difesa dei diritti di caccia. Da lungo tempo l’ufficio di
Montiero era stato alienato e finito in mani private; fu Re Carlo di Borbone
che, nel 1755, lo ricomprò dal Principe di San Lorenzo, esercitando il diritto
di prelazione previsto nell’antico contratto di vendita e ne fece, praticamente
“nazionalizzandolo”, un servizio pubblico con una nuova organizzazione. Così si
legge nell’incipit della sua
prammatica del 22 giugno 1755: “Essendosi
la Maestà del Re nostro Signore, Dio guardi, sempre intenta al benefizio di
questo Regno, e de’ suoi fedelissimi Vassalli degnata di ricomprare l’Officio
di Montiero Maggiore di questo Regno da molto tempo alienato, e ultimamente
posseduto dal Principe di San Lorenzo, esercitando la facoltà che stava
riservata nel contratto della vendita, con incaricarne a Noi l'amministrazione
(…)”.
Juan de Zúñiga |
Ricevuta la denuncia del marchese
Patrizi, dunque, l’Ufficio del Montiero Maggiore accertò anzitutto la reale
esistenza della recinzione. Questa azione di verifica, che l’epigrafe riporta,
fa riflettere sul fatto che non bastava la parola di un titolato marchese e
giudice a far scattare i provvedimenti ma, com’è giusto, si andò a riscontrare
che effettivamente tutta la proprietà fosse chiusa e resa inaccessibile. Ciò
constatato (“informati
che realmente la divisata massaria sia all’intvtto chivsa”), venne promulgato, in data 12 maggio 1779, il
banno con il quale si faceva divieto a chiunque di entrare nella masseria
qualora i portoni fossero chiusi e, ugualmente, di scavalcare le mura e
danneggiare le siepi per intromettersi nella stessa.
Per
i contravventori, non solo cacciatori ma “qvalsivogliano
persone di qvalvnqve stato grado e condizione”, era stabilita
la seguente pena:
-
carcerazione;
-
perdita
dello schioppo e di tutti gli arnesi da caccia, se trattavasi di cacciatori;
- una multa di 50 ducati, per ogni
volta,
da versarsi al Regio Fisco.
Inoltre i guardiani della masseria, cioè
il personale di custodia alle dipendenze del proprietario, ricevettero facoltà di
farsi aiutare da chiunque per bloccare gli intrusi, per poi darne rapidamente
notizia alla Delegazione.
Infine, per pubblica informazione e
applicazione della sanzione, senza che alcuno potesse opporne la mancata
conoscenza, si ordinò l’affissione del banno a Posillipo e Fuorigrotta. Quest'ultima copia è probabilmente andata perduta, mentre l’epigrafe di via vicinale Torre Cervati resta testimone del tempo in cui la
zona, oggi fortemente urbanizzata, era un’area verdissima e ricca di
selvaggina.
Ecco la trascrizione integrale del testo:
Essendo
stato dal m.co procvratore del regio givdice di vic.a d.
pietro patrizio
esposto in qvesta delegazione del regio officio di
montiero maggiore del re-
gno che possedendosi da esso regio givdice vna cospicva
massaria di circa moggia
cento trenta sopra la villa di posilipo nel lvogo
denominato s. giovanni e
con tvtto che fvsse circondata da mvra e da forti
siepi che la chivdono e
le porte chivse pvre si ardiva da’ cacciatori col
pretesto della caccia sca-
valcare le mvra e siepi svd.e di
dannificarla con aver domandato gli or-
dini opportvni per evitarsi tali inconvenienti ed informati
che realmen-
te la divisata massaria sia all’intvtto chivsa nella
maniera disopra espres
sata percio in esecvzione del capo ottavo de’ regii
generali banni di detto re-
gio officio facciamo il presente banno col qvale si fa
noto e manifesto a tvtte e
qvalsivogliano persone di qvalvnqve stato grado e
condizione si siano che
dal di della pvblicazione del presente non ardiscano non
solo di en-
trare in detta masseria qvalora j portoni di essa stiano
chivsi ma
ancora scavalcare le mvra e rompere le dette siepi ed
intromettersi
in essa sotto pena di carcerazione perdita dello schioppo
di tvtti li arne-
si di caccia qvalora siano cacciatori e di dvcati cinqvanta
per ogni volta
da applicarsi a beneficio del regio fisco con essere
lecito alli parsonali
e gvardiani della massaria pred. di chiamare in loro
aivto qvalvnqve altra
persona per l’arresto de controvenienti con darne svbito
la notizia a qvesta
delegazione accio si possa contro di qvelli procedere allocché
si conviene per l’
esazzione della prescritta pena ed affinchè da ognvno
se ne abbia la piena scien-
za ordiniamo che il presente venghi pvblicato non meno
in detta villa di posilipo
che in qvella di fvori grotta con affigersene
respettivamente le copie accio non
si possa allegare cavsa d’ignoranza pvblicetvr et in
calce praesentis informa re-
feratvr datvm neapoli ex regia delegatione regii officii
monteratvs majoris
hvjvs regni die 12 mensis maii 1779.
LAVRENTIVS PATERN Ò
D.R ANTONIVS FERRARO MAG.R ACT.m
PASCHALIS CLEFFI ACT.S DELEG.NIS
ADEST
SIGILLVM &. c
______________________________________________________
Per altre epigrafi con banni, si può vedere su questo blog: "Andar per banni".
L'incisione di Juan de Zúñiga è tratta da:
D. A. Parrino, Teatro eroico, e politico de' governi de' Viceré del Regno di Napoli dal tempo del Re Ferdinando il Cattolico fino al presente, Parrino e Mutii, Napoli 1692, volume I, libro secondo, p. 358.
D. A. Parrino, Teatro eroico, e politico de' governi de' Viceré del Regno di Napoli dal tempo del Re Ferdinando il Cattolico fino al presente, Parrino e Mutii, Napoli 1692, volume I, libro secondo, p. 358.
Nessun commento:
Posta un commento