Prima dell’attuale
Palazzo Reale, a Napoli esisteva il Palazzo Vicereale, fatto costruire nel 1543
da Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, che fu Viceré dal 1532 al 1553: oltre 20 anni. Un record.
Nel 1600, su progetto
di Domenico Fontana, gli venne edificato a lato il Palazzo Reale che conosciamo
oggi, anche abbattendo una torre di quello Vicereale e utilizzandone parte
dello spazio adibito a giardino.
Il dipinto di Antonio Joli nel quale possono distinguersi i due palazzi ancora coesistenti. |
Nell’800 il palazzo
Vicereale, che ormai aveva perso importanza, venne colpito da un incendio che distrusse l’appartamento
della Regina Madre Isabella: fu definitivamente abbattuto nel 1837.
Sorgeva nell’area dell’attuale piazza San Ferdinando (detta anche piazza
Trieste e Trento), tra il nuovo Palazzo Reale e il Real Teatro di San Carlo.
Lo possiamo vedere in
un dipinto del 700 di Antonio Joli nel quale riconosciamo i due edifici, quello
vecchio e quello nuovo, l’uno accanto all’altro.
L'accesso alla Cappella di Palazzo Reale col battente sinistro. |
Cappella Reale, battente destro. |
Qualcosa del Palazzo
Vicereale si è conservato: le porte d’accesso e quelle della cappella. Queste
ultime, in legno intagliato, costituiscono l’attuale ingresso della cappella
dentro Palazzo Reale e sono facilmente accessibili visitando il monumento.
La cosa singolare,
invece, è il destino del portone del Palazzo Vicereale, che fu acquistato per
Palazzo Muscettola di Spezzano, sito in vico Spezzano, nella zona di Montesanto
e lì ancora oggi si trova, restaurato nel 1996. Dalla strada non è visibile,
perché coperto dal portone moderno del palazzo diventato un condominio ma, non appena si accede nell’androne,
lo si può ben ammirare nella sua possente struttura in legno e ferro.
Portone del Palazzo Vicereale, battente destro. |
Portone del Palazzo Vicereale, battente sinistro, e l'epigrafe che ricorda il restauro. |
È interessante leggere
alcuni dettagli di queste antiche porte.
Il Viceré Cardinale Pacecco, notare lo stemma al centro. |
Su entrambi i battenti,
destro e sinistro, c’è uno stemma arcivescovile: lo si riconosce dal cappello
(galero) che timbra lo scudo coi venti fiocchi disposti dieci per parte in
quattro ordini. A chi apparteneva? Lo scudo, probabilmente dipinto in origine,
è oramai cancellato nel suo contenuto, ma c’è un simbolo araldico che si ripete
per ben sei volte sul portone, tre per battente, che apre la strada all’identificazione
dell’arma e indica il committente dell’opera.
Si tratta di una caldaia
con sei teste di serpente sporgenti, emblema della famiglia Pacheco. Perciò lo
stemma è del vescovo Pedro Pacheco Ladròn de Guevara (in italiano: Pietro
Pacecco). Egli era stato creato cardinale nel 1546 da Papa Paolo III (Alessandro
Farnese, di cui si conservano i ritratti di Tiziano nel Museo di Capodimonte a
Napoli) e nominato, nel 1553, Viceré di Napoli da Carlo V. Restò in tale carica
fino al 1556 ma, di fatto, poiché dovette partecipare al conclave a Roma nel
1555, fu sostituito a Napoli da Bernardino de Mendoza. Fu, dunque, il Cardinale Pacheco a far realizzare il bel portone dell’antica reggia di Napoli, che oggi è
uno dei pochissimi resti della costruzione.
Esterno del portone condominiale. |
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L'immagine del dipinto di Joli è tratta dal web e modificata.
L'incisione col ritratto del Card. Pacecco è tratta da: D. A. Parrino, Teatro eroico, e politico de' governi de' Viceré del Regno di Napoli dal tempo del Re Ferdinando il Cattolico fino al presente, Parrino e Mutii, Napoli 1692, volume I, libro primo.
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