19/09/19

Le porte del Viceré



Prima dell’attuale Palazzo Reale, a Napoli esisteva il Palazzo Vicereale, fatto costruire nel 1543 da Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, che fu Viceré dal 1532 al 1553: oltre 20 anni. Un record.
Nel 1600, su progetto di Domenico Fontana, gli venne edificato a lato il Palazzo Reale che conosciamo oggi, anche abbattendo una torre di quello Vicereale e utilizzandone parte dello spazio adibito a giardino.

Il dipinto di Antonio Joli nel quale
possono distinguersi i due palazzi ancora coesistenti.
Nell’800 il palazzo Vicereale, che ormai aveva perso importanza, venne colpito da un incendio che distrusse l’appartamento della Regina Madre Isabella: fu definitivamente abbattuto nel 1837. Sorgeva nell’area dell’attuale piazza San Ferdinando (detta anche piazza Trieste e Trento), tra il nuovo Palazzo Reale e il Real Teatro di San Carlo.
Lo possiamo vedere in un dipinto del 700 di Antonio Joli nel quale riconosciamo i due edifici, quello vecchio e quello nuovo, l’uno accanto all’altro.

L'accesso alla Cappella
di Palazzo Reale
col battente sinistro.
Cappella Reale,
battente destro.
Qualcosa del Palazzo Vicereale si è conservato: le porte d’accesso e quelle della cappella. Queste ultime, in legno intagliato, costituiscono l’attuale ingresso della cappella dentro Palazzo Reale e sono facilmente accessibili visitando il monumento.
La cosa singolare, invece, è il destino del portone del Palazzo Vicereale, che fu acquistato per Palazzo Muscettola di Spezzano, sito in vico Spezzano, nella zona di Montesanto e lì ancora oggi si trova, restaurato nel 1996. Dalla strada non è visibile, perché coperto dal portone moderno del palazzo diventato un  condominio ma, non appena si accede nell’androne, lo si può ben ammirare nella sua possente struttura in legno e ferro.
Portone del Palazzo Vicereale,
battente destro.
Portone del Palazzo Vicereale,
battente sinistro,
e l'epigrafe che ricorda il restauro.

È interessante leggere alcuni dettagli di queste antiche porte.
Il Viceré Cardinale Pacecco,
notare lo stemma al centro.
Su entrambi i battenti, destro e sinistro, c’è uno stemma arcivescovile: lo si riconosce dal cappello (galero) che timbra lo scudo coi venti fiocchi disposti dieci per parte in quattro ordini. A chi apparteneva? Lo scudo, probabilmente dipinto in origine, è oramai cancellato nel suo contenuto, ma c’è un simbolo araldico che si ripete per ben sei volte sul portone, tre per battente, che apre la strada all’identificazione dell’arma e indica il committente dell’opera.

Si tratta di una caldaia con sei teste di serpente sporgenti, emblema della famiglia Pacheco. Perciò lo stemma è del vescovo Pedro Pacheco Ladròn de Guevara (in italiano: Pietro Pacecco). Egli era stato creato cardinale nel 1546 da Papa Paolo III (Alessandro Farnese, di cui si conservano i ritratti di Tiziano nel Museo di Capodimonte a Napoli) e nominato, nel 1553, Viceré di Napoli da Carlo V. Restò in tale carica fino al 1556 ma, di fatto, poiché dovette partecipare al conclave a Roma nel 1555, fu sostituito a Napoli da Bernardino de Mendoza. Fu, dunque, il Cardinale Pacheco a far realizzare il bel portone dell’antica reggia di Napoli, che oggi è uno dei pochissimi resti della costruzione.

Esterno del portone condominiale.

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L'immagine del dipinto di Joli è tratta dal web e modificata.

L'incisione col ritratto del Card. Pacecco è tratta da: D. A. Parrino, Teatro eroico, e politico de' governi de' Viceré del Regno di Napoli dal tempo del Re Ferdinando il Cattolico fino al presente, Parrino e Mutii, Napoli 1692, volume I, libro primo.

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