14/12/19

Il vico delle meraviglie


Vico Sedil Capuano è una stradina di Napoli, neppure troppo lunga, che scorre parallela a via Duomo e costeggia la Cattedrale e il Palazzo Arcivescovile.
È un concentrato di storia, ma reso fatiscente dall’incuria di uno Stato che lascia tranquillamente degradare i monumenti di una città capolavoro di tremila anni, la quale deve morire per non oscurare col turismo le aree dominanti del Centro-Nord.
Entriamo nel vico per l’antico Sedile (o Seggio) di Capuana di epoca angioina, ma nell'arco resta ben poco: l'arma e una colonna.
Subito a destra troviamo la chiesa di San Gennaro con un nucleo risalente forse all’età medievale (la finestra quadrilobata, tagliata per ricavarne una porta), ma edificata nel Cinquecento e rifatta in chiave barocca due secoli dopo. Una targa marmorea porta la dedica: PATRONO MAXIMO. 
Proseguendo, sulla sinistra c’è l’ara funebre di Gneo Pompeo Eufrosino e sua moglie Iunia Gemella che recita:
GN POMPEUS
EUPHROSINUS
ET IUNIA GEMELLA
UXOR EX BONIS SUIS HOC
SIBI SUMPSERUNT.
La diffusa conoscenza dell’iscrizione la si rileva dal fatto che è ricordata in testi diversi di secoli addietro: ad esempio in “De Prisca Caesiorum Gentes…” edito a Bologna nel 1582 (v. p. 142), “Theatrum Genealogicum…” edito a Magdeburgo nel 1598 (v. tomo IIII p. 780), “Antichità di Napoli e del suo amenissimo distretto...” edito in città nel 1679 (v. p. 24).
Di fronte c’è Palazzo Caracciolo, edificato nel ‘500, la cui volta dell’atrio è affrescata con l’arma di famiglia.
Tutto questo patrimonio – in un solo vicolo! – è abbandonato all'incuria.
La cosiddetta Italia unita ha scelto di salvaguardare e valorizzare solo il Centro-Nord, lasciando che la distruzione del patrimonio storico-culturale delle Due Sicilie contribuisca all'annientamento dell'identità del nostro popolo.
Solo il recupero dell'indipendenza, sottrattaci nel 1860 con la guerra, ci offrirà l'opportunità di rifiorire.

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