26/12/21

Inguaribilmente greca


    Dal I al IV secolo d.C., ogni quattro anni, si svolgevano a Napoli gli Italikà Rhomaia Sebastà Isolympia: i Giochi Isolimpici di Neapolis.

    Istituiti nell’anno 2 a. C., la prima edizione si tenne di fatto nell’anno 2 d. C. e l’ultima nel 393, allorché l’imperatore Teodosio pose fine all'unisono a tutte le manifestazioni agonistiche, compresi i Giochi Olimpici, in quanto legate a culti pagani. Nella zona di via Duomo sono stati ritrovati resti del tempio dei Sebastà Isolympia e frammenti dei cataloghi dei vincitori di sei edizioni, databili agli anni 74, 78, 82, 86, 90 e 94 d.C. Nelle Scuderie borboniche di Palazzo Reale, nell’ambito della mostra multimediale “La galleria del tempo”, sono state esposte le epigrafi che fanno riferimento alle edizioni del 78, 82, 86 e 90.

Dall'edizione dell'82 d.C.

    Grazie agli studi sul materiale scoperto, conosciamo interessanti dettagli. Per regolamento gli atleti dovevano arrivare a Napoli almeno trenta giorni prima dell’inizio dei Giochi e dovevano iscriversi indicando, oltre al nome, la provenienza e la gara prescelta. Vi erano sezioni artistiche, ippiche e ginniche. Nell’ambito della prima sezione troviamo, ad esempio, cantori, flautisti, citaredi, gare di prosa e di poesia. Nella sezione ippica possiamo ricordare il carro a due cavalli e quello a quattro, mentre la sezione ginnica annoverava numerose specialità, come ad esempio la corsa dello stadio (corrispondente approssimativamente all’odierna gara dei 200 metri piani), del diaulo (percorrendo due volte lo stadio) e dell’oplite (la corsa con parziale armatura), il lancio del giavellotto e del disco, la lotta, il pugilato, il pancrazio (un misto tra pugilato e lotta).

    Ai Giochi Isolimpici partecipavano anche atleti famosi, dei veri fuoriclasse nella loro specialità. Nei cataloghi rinvenuti sono registrati i nomi di circa centocinquanta vincitori e le località citate, a vario titolo, sono una sessantina. Ricordiamo qualche città più famosa: Antiochia, Atene, Corinto, Efeso, Laodicea, Mileto, Nicea, Nicomedia, Palermo, Patrasso, Pergamo, Roma, Salamina, Sidone, Smirne, Sparta, Tarso, Tessalonica, Tiro, Tralle, Xanto. Si trattava di una grande competizione internazionale, proprio come quella di Olimpia, alla quale affluivano atleti e artisti da ogni dove.

     Ecco alcuni grandi atleti.
  Tito Flavio Artemidoro, della città di Adana in Cilicia, era un campione di pancrazio e vinse anche due volte ad Olimpia. La sua forza stupefacente fu ricordata persino dal poeta latino Marco Valerio Marziale in un verso.
  Tiberio Claudio Artemidoro proveniente da Tralle, una città della Lidia, fu anch’egli vincitore nel pancrazio tanto a Napoli quanto ad Olimpia.
   Ermogene, originario di Xanto, in Licia, a Napoli trionfò in tre gare di corsa: lo stadio, il diaulo e l’oplite. Ad Olimpia vinse ben otto volte. I greci, come ricorda un brano dello scrittore Pausania, gli dettero un soprannome indiscutibile: cavallo. Proprio così: Ermogene, un uomo chiamato cavallo!
   Lo stesso Pausania ricorda un altro vincitore a Napoli, che compare nelle epigrafi ritrovate: Herakleides, detto Galates, di Alessandria, un pugile che ad Olimpia nell’anno 93 vinse perché l’avversario fu squalificato.

Dall'edizione dell'86 d.C.

  Un altro pugile famoso, Melankomas, proveniente dalla Caria, è ricordato in due orazioni dal sofista Dione Crisostomo di Prusa. Morì a Napoli proprio durante un incontro di pugilato: l’ultimo della sua vita di grande atleta.

  Naturalmente partecipavano, e vincevano, anche i neapolitani, che si distinsero ad esempio nel pentathlon e nello stadio o nelle gare artistiche. Onesimos, nell’edizione del 78 d.C., vinse in una gara musicale, mentre Iulius Valerianus riportò due vittorie, nell’86 e nel 90, nella gara di encomio in prosa.

    E le donne? In genere la loro partecipazione ai giochi pubblici maschili era interdetta, con poche eccezioni. A Napoli gareggiavano anche le donne, circostanza di straordinaria importanza per la nostra storia sportiva e felice testimone del livello di civiltà raggiunto dalla nostra comunità antica.

    Flavia Thalassia di Efeso, la grande città in Asia Minore che guardava al Mar Egeo, ben lontana da Napoli, vinse nella corsa dello stadio e Aemilia Rekteina, della quale non si conosce la provenienza, vinse nel diaulo.

La stele di Seia Spes ad Ischia
     Ma anche le atlete di Neapolis vincevano e si sono conservati almeno due nomi di campionesse: Seia Spes e Iusta. Della prima è rimasta un’interessante testimonianza. Negli scavi presso la Basilica Santuario di Santa Restituta a Lacco Ameno, sull’Isola di Ischia, fu ritrovata una stele che vi era stata murata come materiale di spoglio. Ad Ischia lavorò soprattutto il grande archeologo Giorgio Buchner che, negli anni Cinquanta, scoprì la necropoli di Pithecusa: il più antico stanziamento di tutto il Mediterraneo occidentale di greci provenienti da Eubea. La stele, attualmente collocata nell’area antistante la chiesa, reca un’iscrizione in greco: la dedica a Seia Spes da parte di suo marito Lucio Cocceio Prisco, quale vincitrice nella trentanovesima edizione dei giochi. Si tratta del primo ritrovamento in assoluto, come precisava lo stesso Buchner, che testimoni la partecipazione delle donne ai Sebastà Isolympia di Napoli. La notizia sarà poi confermata e ampliata dai ben più recenti rinvenimenti nell’area di via Duomo. Seia Spes era figlia di Seio Liberale, consigliere municipale, e si impose nella gara dello stadio.

    Dunque in città arrivavano non solo uomini ma, cosa rara per le abitudini dell’epoca, anche donne, talora affrontando percorsi lunghi e faticosi. Doveva valerne veramente la pena sostenere un viaggio simile per partecipare ai Giochi Isolimpici, un chiaro segnale del prestigio della competizione e della gloria sportiva della quale ci si ricopriva vincendoli. Eppure non erano previste medaglie preziose: ai vincitori delle gare atletiche ed ippiche veniva assegnata una corona di spighe, e solo nelle gare artistiche poteva esserci un premio in denaro. Del resto, Napoli coltivava tenacemente la sua grecità, che diventava sempre più singolare in una Campania romana. Cassio Dione, nella sua monumentale Storia romana, sosteneva che i neapolitani erano gli unici tra gli abitanti dei dintorni a curare la cultura greca. Non a caso, frammenti epigrafici del regolamento dei giochi napoletani furono ritrovati proprio ad Olimpia e sono conservati nel locale Museo della Storia dei Giochi Olimpici dell’antichità.

    I cataloghi di Neapolis non sono scritti in latino ma in greco, la lingua parlata a Napoli: pur essendo ormai parte del mondo romano, la città restava nei costumi, nella lingua e nei giochi, inguaribilmente greca.

Dall'edizione del 90 d.C.

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La foto della stele di Seia Spes è di Lucio Sandon.

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