Se vi trovate a passare per piazza Dante,
soffermatevi davanti al palazzo che ospitava fino a qualche tempo fa la
Direzione dei servizi demografici del Comune di Napoli (c’è ancora l’iscrizione),
che altro non è che il seicentesco convento dei Padri Domenicani annesso alla
contigua chiesa di Santa Maria di Caravaggio, oggi Parrocchia di San Domenico
Soriano.
Al fondo del lungo androne vi è un ovale con busto, adorno di stemma e decorazioni marmoree, con un’epigrafe sottostante che loda le virtù del protagonista. Si tratta di Don Diego Quiros de Maiorca, figlio di Don Francesco Bernardo Quiros, Regio Consigliere, e di Donna Beatrice Maiorca: una nobile famiglia di origine spagnola trapiantatasi a Napoli. I genitori di Donna Beatrice, Don Ferdinando Maiorca e Donna Porzia Coniglia, hanno sepolcri monumentali, opera di Michelangelo Naccherino, nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli in piazza Municipio.
La nostra storia inizia allorché per la sorella di Don
Diego, Donna Maria Bernardo Quiros, si prospettò il matrimonio con il Regio
Consigliere Don Annibale Moles. La madre, Beatrice, ormai vedova, promise una
dote di 10.000 ducati e il fratello si obbligò in solido all'estinzione della
somma. La dote andava così corrisposta: 4.500 ducati subito; i restanti 5.500
in due parti, l’una di 3.000 ducati al momento delle nozze, i restanti 2.500
alla morte di Donna Beatrice.
Ma Don Diego neppure immaginava quello che sarebbe
successo!
Il matrimonio, dunque, si celebra nel 1626.
Il punto in cui si pagava la gabella sul vino (salita Moiariello). |
Intanto Annibale muore.
Il 28 gennaio 1664, l’erede di Annibale Moles e
Maria Quiros, Don Rodrigo Moles, ha l’idea di cedere il credito relativo alla dote della madre, in dote alla propria
sorella, Donna Elena Moles, che deve sposare Don Antonio Testa. Così Don Diego paga
i 120 ducati annui a Donna Elena, fino al 31 agosto 1669. L’ultima rata è di 60
ducati, perché maturata a giugno dello stesso anno come estinzione della dote
stessa.
Ma Diego muore il 27 marzo 1675 e lascia tutti i
suoi beni ai Padri Domenicani che, proprio grazie a questo generosissimo
lascito, completano la costruzione del convento dell’attuale piazza Dante. Sono
loro, per gratitudine, a far realizzare il monumento che avete visto.
Donna Elena, venuto meno quel versamento annuo, fa
causa alla madre Maria, sorella di Diego, chiedendo
ancora i ducati della dote e gli interessi.
Ma Elena muore mentre sua madre Maria è ancora in
vita. Quest’ultima allora, alla quale evidentemente non va giù che il fratello
abbia lasciato tutto ai Domenicani, nel 1685 fa causa al "Monastero" (così viene chiamato negli atti giudiziari il convento dell'Ordine dei Predicatori),
relativamente ai 5.500 ducati, parte della dote promessa, che non erano stati
svincolati dai beni del fratello destinati al monastero stesso.
Nel 1697, tuttavia, oltre venti anni dopo la morte
di Don Diego, Maria Quiros muore.
Si arriva al ‘700 inoltrato e il monastero viene citato
in giudizio dai figli di Elena, i quali esigono i ducati della dote della nonna.
Si tratta di tre fratelli: Don Matteo Testa, Don Andrea Testa, Don Gennaro
Testa. I tre fratelli, nel 1768 e nel 1777, intentano nuovamente la causa già mossa nel 1685 da Maria Quiros e
ne aggiungono altre due, di cui una specificamente relativa ai famosi 2.000
ducati dell’antica dote.
Il monumento a Don Diego Quiros de Maiorca. |
Del resto, il 6 luglio dello stesso anno, l’unica
figlia di Gennaro, Teresa Testa Piccolomini, si sposava con Gaetano Caracciolo
del Sole, 4° Duca di Venosa e Conte di Sant’Angelo, e bisognava pagare la dote:
quella della bisnonna cadeva proprio a fagiolo!
Il 4 luglio 1792 Gennaro ha sentenza favorevole e il
monastero, anche se in misura minore rispetto a quanto richiesto, è condannato a
pagare.
Il monastero naturalmente ricorre. Ma intanto Don Gennaro muore.
Nel ricorso si costituisce la figlia, unica erede di
Don Gennaro, Donna Teresa, che esige il credito risalente alla promessa della trisavola:
la dote nuziale della sorella di Don Diego, vissuta nel secolo precedente.
Due anni dopo arriva il colpo di scena.
Il giudizio di “tre
Signori Consiglieri Aggiunti di Regal ordine”, il 9 agosto del 1794 dà
ragione al monastero.
La sentenza:
1) dichiara soddisfatto il credito di 2.000 ducati,
anzi riconoscendo un versamento maggiore del dovuto;
2) dichiara altresì prescritti gli interessi;
3) condanna Donna Teresa Testa Piccolomini a restituire
760 ducati eccedenti e a risarcire al monastero tutte le spese sostenute.
I giudici concludono la sentenza stigmatizzando la pretesa
di Donna Teresa Testa Piccolomini come “la
più temeraria, e capricciosa” che si sia mai vista.
Frontespizio della sentenza del 9 agosto 1794. |
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