06/04/18

Una straordinaria storia della Napoli medievale


Perché a Budapest c’è un grande monumento che fa riferimento a Napoli? E in che relazione sta con un codice miniato del Quattrocento conservato nella Biblioteca di Stato a Monaco di Baviera?

Roberto d'Angiò, soprannominato Roberto il Saggio, non era il primogenito di Carlo II e Maria d'Ungheria (di lei si parla in questo blog: "La lezione di Maria"), dunque, non destinato a diventare Re di Napoli. Tuttavia ciò accadde nel 1309, perché il primogenito Carlo Martello divenne Re d'Ungheria e il fratello, Ludovico, che doveva subentrargli, rinunciò in suo favore per abbracciare la vita religiosa. Egli aderì alla corrente degli "spirituali" del francescanesimo, che interpretava in modo rigoroso l'insegnamento di Francesco, in particolare in tema di povertà, entrata in odor di eresia ed avversata dalla corrente moderata (i conventuali) e dalle alte gerarchie ecclesiastiche. Ludovico aspirava ad una vita semplice e povera e non certo alla dignità vescovile, che forse gli fu imposta per vincere l'opposizione del padre, il Re, ed affievolire l'imbarazzo che avrebbe destato un erede al trono vicino alla corrente degli spirituali. Nel 1296, dunque, a Ludovico venne affidato l’arcivescovado di Tolosa ma, nonostante questo, egli non si lasciò ostacolare nella pratica dei suoi propositi di vita umile.
Fabrizio Santafede (bottega), Madonna tra
Angeli e i santi Francesco, Bonaventura
e Ludovico d'Angiò (sec. XVII).
Napoli, chiesa di San Bonaventura.
A Napoli, in via San Giovanni Maggiore Pignatelli, a pochi passi dalla basilica di Santa Chiara, c'è una cappella di età angioina dedicata a San Bonaventura, ma in origine intitolata proprio a San Ludovico di Tolosa, il fratello di Re Roberto. Questa chiesa sorse in un periodo di fervore religioso e di protezione del francescanesimo a Napoli attuati da Carlo II e da Roberto. Il ramo francescano degli "spirituali" godeva anche della protezione della regina Sancia, seconda moglie di Roberto e, proprio su sollecitazione di Sancia, Roberto fece costruire il monastero e la chiesa di Santa Chiara a partire dal 1310, come ricorda una delle iscrizioni coeve sul campanile.
           Nella basilica di Santa Chiara ci sono le tombe di cinque cavalieri del XIV secolo. I cinque sarcofagi sono così collocati:
a destra
Sepolcro di Roberto Diano
seconda cappellaRoberto Diano, appartenente all'Ordine del Nodo, fondato a Napoli il giorno di Pentecoste 12 maggio 1353 da Luigi d'Angiò, secondo marito della regina Giovanna I;
a sinistra
seconda cappella: Drugo Merloto e Niccolò (o Nicola) Merloto;
terza cappella: Raimondo Cabano (o de' Cabanni) e il figlio Perrotto (o Pierotto) Cabano (o de' Cabanni).

Sepolcro di Raimondo Cabano
Sepolcro di Perrotto Cabano
Tra i cinque cavalieri sepolti a Santa Chiara, Raimondo Cabano è quello del quale si hanno maggiori notizie, grazie soprattutto alla moglie, Filippa la Catanese, della quale scrive Boccaccio, vissuto a Napoli quando Raimondo ancora era vivo. Così facendo, egli racconta indirettamente anche del marito, il quale era uno schiavo nero (detto "l'etiope") che era stato rapito da pirati e acquistato dal siniscalco Raimondo de' Cabanni, il quale lo rese libero, lo fece battezzare, gli diede il proprio nome e lo introdusse a corte. Raimondo seppe farsi valere esprimendo le sue doti, così Re Roberto d'Angiò lo nominò cavaliere e siniscalco. L'umile schiavo nero, strappato con la forza dalla sua terra natia, trovò dunque rispetto, accoglienza e riscatto nel Regno di Napoli.
Sua moglie, Filippa la Catanese, era una lavandaia conosciuta da Roberto d'Angiò quando, essendo ancora duca di Calabria, era in Sicilia per la guerra dei Vespri. Il futuro re ne fece la nutrice del figlio Carlo, nato in quel periodo, e la portò poi a Napoli per continuare a prendersi cura del bambino. In seguito, Filippa divenne governante della regina Giovanna I, che era la nipote di re Roberto e figlia di quel Carlo che Filippa aveva cresciuto. Di Raimondo e Filippa conosciamo anche l’ubicazione dell’abitazione: nella zona delle Corregge, attuale via Medina (di questa via si parla in questo blog: "Medina"), dunque assai prossima alla reggia di Castel Nuovo (Maschio Angioino).
Boccace, Des cas des nobles hommes et femmes,
Munich, Bayerische Staatsbibliothek,
Ms. Cod. Gall. 6, fol 347.
Giovanni Boccaccio restò a Napoli per molti anni, dal 1327 al 1341, una città caratterizzata dalla vivacità culturale e dal cosmopolitismo della corte angioina. Le sue opere ebbero notevole successo e furono anche oggetto di copie riccamente miniate. Una di queste è costituita dalla traduzione in francese del De casibus virorum illustrium con il titolo Des cas de nobles hommes et femmes: un prezioso codice miniato realizzato dal 1460 e conservato nella Biblioteca di Stato a Monaco di Baviera. In questo manoscritto vi è la raffigurazione del matrimonio tra Filippa la Catanese e il cavaliere nero Raimondo Cabano, probabilmente con la facciata della chiesa di Santa Maria la Nova ritratta sulla sinistra: si tratta della prima rappresentazione pittorica di un matrimonio misto. Nella miniatura è sintetizzata la vita di Filippa: a sinistra mentre fa la balia;  al centro mentre sposa Raimondo; a destra nella tragica fine di cui poi diremo.
La miniatura con Filippa la Catanese.
Dal matrimonio nacquero tre figli, Carlo, Perrotto e Roberto, tutti con importanti incarichi a corte. Carlo fu Vicesiniscalco della Casa Reale e Ciambellano del Re; Perrotto fu Ciambellano; Roberto fu Gran Siniscalco del Regno. Raimondo morì il 21 ottobre 1334 e fu sepolto nella chiesa voluta da Re Roberto e dalla Regina Sancia.
A Budapest la centrale Piazza degli Eroi è un memoriale alle grandi figure della storia ungherese: ciascuna di esse è rappresentata da una statua in bronzo, cui sottostà un grande bassorilievo con una scena significativa della sua vita. Una delle statue che le fanno da corona è quella di Re Luigi il Grande (1326 - 1382), figlio del napoletano Carlo Martello d'Angiò, Re d'Ungheria, il fratello di Roberto d'Angiò che già abbiamo conosciuto. 
Budapest, monumento a Luigi il Grande.
In basso, la raffigurazione delle donne napoletane
che gli vanno incontro con i fiori.

Il fratello di Luigi il Grande, Andrea d'Ungheria, era il marito di Giovanna I, la prima donna a diventare regina di Napoli, nel 1343 all'età di 16 anni, alla morte del nonno Roberto, essendo la figlia del defunto principe ereditario Carlo (figlio di Roberto). Quando Andrea fu assassinato per una congiura di palazzo (o per un intrigo amoroso), Luigi il Grande decise di marciare verso Napoli per vendicare il fratello e, alla testa delle sue truppe, giunse nei pressi della città per occuparla, con tutto il carico di violenze che simili atti preannunciano e con orrore, poi, puntualmente registrano. Le donne napoletane, allora, misero in atto quella che può essere considerata una delle più antiche azioni nonviolente nei confronti di un'occupazione militare straniera che la storia possa documentare. Coraggiosamente andarono in massa incontro a Luigi e alle sue truppe, cospargendo il terreno di rose dinanzi a loro, per chiedere di risparmiare al popolo un dolore non meritato, per un delitto di cui era incolpevole. Luigi il Grande restò impressionato da questo gesto disarmato di dialogo verso nemici, quali essi erano, e diede ordine di non saccheggiare la città, di non sottoporre a devastazione un popolo che nelle sue donne aveva saputo esprimere pacificamente la propria anima attiva e creativa. Per questa volta, il pericolo era scampato. È significativo che, di tutta la vita di Luigi il Grande, l'Ungheria abbia scelto per il bassorilievo in bronzo proprio questo episodio, accompagnato dalla scritta: Nagy Lajos bevonul Napolyba 1348 (Luigi il Grande marcia verso Napoli nel 1348). La moglie di Raimondo Cabano, Filippa la Catanese, fu ingiustamente coinvolta nell'omicidio di Andrea d'Ungheria, probabilmente per invidia verso una famiglia che aveva fortuna ed elevati incarichi a corte. La donna morì a Castel dell'Ovo, dove era detenuta, in conseguenza delle torture subite e poco prima di finire giustiziata con i figli Roberto Cabano, Conte di Trivulzio e Gran Siniscalco del Regno, con la nipote Sancia, Contessa di Marcone, anch'essi condannati per l'omicidio. Il corpo di Filippa non è mai più stato trovato.

Simone Martini, Roberto d'Angiò riceve
la corona da San Ludovico di Tolosa
(1317).
Napoli, Museo di Capodimonte.
Nel Museo di Capodimonte c'è una grande tavola dipinta da Simone Martini nel 1317 (anno della canonizzazione di San Ludovico), durante il suo soggiorno a Napoli alla corte di Roberto d’Angiò. In essa Ludovico viene incoronato da due angeli e, a sua volta, incorona il fratello Roberto Re di Napoli. In tal modo quest'ultimo affermava la legittimità della sua investitura: una sorta di immagine promozionale. La pala ha anche il primato di essere il primo sicuro ritratto nella pittura dell'area italiana di un personaggio vivente: Re Roberto d'Angiò, detto il Saggio, morto a Napoli il 20 gennaio 1343, colui che rese possibile la straordinaria storia di Raimondo Cabano.
La vicenda del re che rinunciò alla corona per vivere santamente da francescano, dello schiavo nero diventato cavaliere grazie ad un altro saggio re, dell'azione nonviolenta delle donne napoletane, sullo sfondo di una Napoli culturalmente aperta e vivace, rende ragione del livello di civiltà raggiunto, già nel Medioevo, dalla nostra terra quando era uno Stato indipendente.
Lapide sepolcrale di Andrea d'Ungheria.
Napoli, Duomo.
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Nota.
Tutte le foto sono dell'autore, eccetto le due seguenti.
  • Il codice Boccace, Des cas des nobles hommes et femmes, è stato digitalizzato e reso disponibile sulla rete, in bianco e nero, dalla Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera.
  • Il dettaglio a colori della miniatura, tratta dal codice, è pubblicata in J. Devisse, L'image du Noir dans l'art occidental, II.2, Fribourg 1979 e ripresa in R. Smurra,  Una storia di ‘integrazione’ nella Napoli angioina, Università di Bologna, Ricerche di Pedagogia e Didattica (2011), 6, 1 - Società e culture in educazione.

4 commenti:

  1. Bisogna Aggiungere che Andrea d'Ungheria fu fatto uccidere dalla moglie Giovanna I . L'episodio è ricordato in una lapide che si trova nel Duomo mdi Napoli , sul lato destro dell'ingresso a Santa Restituta ., e dice che Andrea fu "Laqueo necato" strozzato con un laccio dalla " propria uxore " che il cadavere gettato alla campagna fu recuperato da un Orsino suo amico e sepolto cristianamente . Andateci
    e leggetelo .E' un racconto affascinante.

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    1. Caro Ernesto, grazie per il commento. Forse ti è sfuggito che in calce al racconto c'è proprio la foto della lastra tombale con l'iscrizione cui fai riferimento. Un caro saluto.

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