I Sotterranei gotici
della Certosa di San Martino sono ricchi di testimonianze del nostro passato:
sotto le sue volte, che costituiscono il nucleo più antico conservatosi del
monastero, c’è un’abbondanza di statue, epigrafi e altri manufatti,
provenienti soprattutto dal cosiddetto sventramento della zona Mercato-Porto, che a fine Ottocento risistemò, con sacrifici storico-artistici anche assurdi, parte del centro cittadino. Tanto per fare un esempio, nei Sotterranei troviamo persino portali quattrocenteschi o, nel Chiostro dei Procuratori, una raccolta di stemmi su marmo, tutto proveniente dalle dimore della zona.
provenienti soprattutto dal cosiddetto sventramento della zona Mercato-Porto, che a fine Ottocento risistemò, con sacrifici storico-artistici anche assurdi, parte del centro cittadino. Tanto per fare un esempio, nei Sotterranei troviamo persino portali quattrocenteschi o, nel Chiostro dei Procuratori, una raccolta di stemmi su marmo, tutto proveniente dalle dimore della zona.
La Certosa di San Martino |
Il mercante è Franceschino
da Brignale il quale, essendo scampato due volte ad un naufragio, a differenza
dei suoi sventurati compagni di viaggio che perirono, commissionò nell’Agosto del
1361 (XIV indizione) questa sorta di ex
voto. Dalla sua figura e da quella della morte fuoriescono le parole come
in un fumetto.
Il mercante dice: “Tutto te volio dare se mi lasi scampare”.
Ma la morte lo delude,
rispondendogli: “Se tu me pottsse dare
quanto se potè ademandare non te scampata la morte se te vene la sorte”.
L'epigrafe di Franceschino da Brignale |
Franceschino è
raffigurato con una borsa dalla quale fuoriescono monete che offre alla morte.
C’è un aneddoto su queste monete. Nel Medioevo, allorché l’epigrafe si trovava
sulla facciata della chiesa di San Pietro Martire, chi chiedeva un prestito talora
si sentiva rispondere: vai dalla morte di San Pietro Martire che ha tanti
soldi!
La morte porta sul capo
due corone, a testimonianza del suo grande potere sul regno dei vivi e dei
defunti; sulla mano sinistra ha un falco, simbolo della sua caccia che non si
ferma mai, e nella destra porta un loro (una striscia di cuoio con due ali di
colombo, che il falconiere faceva roteare per far ritornare il volatile sulla
sua mano). Ai suoi piedi ci sono tredici defunti: gente comune, un re e un
vescovo. Nessuno scampa, appunto.
In alto, ci sono gli
stemmi dell’ordine domenicano: la chiesa di San Pietro Martire, di età
angioina, fu infatti officiata dai frati domenicani, nel cui convento oggi ha
sede il Dipartimento di Lettere dell’Università Federico II.
Altre scritte fanno da
contorno a questo dialogo, tra le quali il nome del committente e la data. L’epigrafe
è un po’ corrotta, tuttavia la trascrizione completa fu pubblicata dal Monti
nel 1921.
Sulla tabella al centro è scritto:
eo so’ la morte
chi chacio sopera voi jende munedana la malata e la sana dì e note la perchacio
no fugia nesuno ine tana per scampare da lo mio laczio chè tucto lo mando
abraczio e tucta la gente umana perchè nessuno se conforta ma prenda spavento che
ò per comandamento de prendere a chi ven la sorte siave castigamento questa
fegura de morte e pensavie de fare forte in via de salvamento
La cornice contiene la seguente
iscrizione:
mille laude
faczio a dio patre e a la santa trinitate che due volte me aveno scampato e
tucti li altri foro annegate francischino fui da brignale feci fare questa
memoria a le MCCCLXI de lo mese de agusto XIIII indiccionis
Alcuni dei reperti custoditi nei Sotterranei gotici |
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