18/06/20

Nobilissima Napoli

Nascosto in un fondaco di Forcella, c’è un piccolo luogo di culto con una grande storia e un triste destino: la chiesa di Santa Maria a Sicola, che cambiò nome due volte.
Essa fu edificata nel 1275 da Pietro Leone Sicola (secondo altra fonte da Petronilla Sicola, sua figlia), nobile del seggio di Forcella e Gran Protonotario di Re Carlo I d’Angiò, congiuntamente ad un conservatorio per ragazze povere, e dedicata alla Madonna: appunto, Santa Maria a Sicola.
Oltre un secolo dopo, questa chiesetta divenne prediletta da Re Ladislao di Durazzo che, qui venuto a pregare, ricevette la grazia della guarigione, essendo “affetto da morbo sciatico”. Dopo la sua morte, divenne cara alla sorella salita al trono come Giovanna II d’Angiò-Durazzo, la quale qui pregava ogni sabato per il fratello Ladislao, al quale fece anche erigere il maestoso monumento funebre nella chiesa di San Giovanni a Carbonara.
Il popolo, storpiando il nome, progressivamente trasformò il nome “a Sicola” in “antesecula” e la chiesa diventò Santa Maria Antesaecula: perfino il vicoletto attiguo prese a chiamarsi così. Nel Cinquecento ne fu Rettore Giovan Pietro Carafa, originario dell'Irpinia, che sarebbe poi diventato Papa Paolo IV.
Il terzo nome lo ebbe a metà Ottocento, quando Re Ferdinando I la affidò, nel 1824, alla Reale Arciconfraternita di San Nicodemo degli Apparatori (o paratori), cioè gli addobbatori delle chiese. Essa allora fu dedicata al loro patrono: San Nicodemo. E il fondaco prese il nome dei nuovi curatori - Fondaco dei Paradori - che tuttora conserva.

Oggi la chiesa versa in uno stato pietoso: quasi un rudere. Sopravvive un’epigrafe senza data, ma che era già lì almeno dalla prima metà del Seicento. Essa rammenta, appunto, la storia di Ladislao e di Giovanna:
dominus ladislaus rex cum
morbo siatice esset infectus
conversus ad beatam virginem
siculam evasit
domina johanna soror regis
ladislai qualibet hebdomada
in die sabati eamdem
summa cum veneracione
visitabat ad eademque
singuli pacientes sani redibant
Invece è andata perduta una lapide sepolcrale del Trecento fissata sul lato opposto e dedicata al sacerdote Dado, Rettore della chiesa, morto il 9 maggio 1343, iscrizione ancora presente nel 1859.
Santa Maria a Sicola è una di quelle innumerevoli chiese monumentali che testimoniano l'abbandono e lo sfregio che l’Italia ha portato nella nobilissima Napoli.

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