La facciata del Palazzo Arcivescovile di Napoli, sulla quale spicca la statua di San Gennaro, è stata completamente restaurata e adesso si presenta coi colori settecenteschi ripristinati.
Come era organizzata la Chiesa nelle Due Sicilie?
La parte continentale del Regno aveva venti arcivescovadi e sessantotto vescovadi, ma vi erano alcune importanti eccezioni nell’esercizio della giurisdizione ecclesiastica. Le sedi arcivescovili erano (in ordine alfabetico): Acerenza e Matera, Amalfi, Bari, Benevento, Brindisi, Capua, Chieti, Conza, Cosenza, Lanciano, Manfredonia, Napoli, Otranto, Reggio, Rossano, Salerno, Santa Severina, Sorrento, Taranto, Trani. L’arcivescovado di Benevento dipendeva dalla Santa Sede, ma il territorio di competenza si estendeva ad aree del Regno.
Il Nunzio Apostolico esercitava giurisdizione su sei chiese di Napoli: Santa Chiara, Divino Amore, Santa Maria Egiziaca a Forcella, Gesù e Maria, Fiorentini a Chiaia, San Giacomo degli Spagnoli. Del resto, ventuno vescovadi dipendevano direttamente dalla Santa Sede, ad esempio: Aversa, Foggia, Gaeta, L’Aquila, Melfi e Rapolla.
Alcune abbazie e prelature non erano soggette al vescovo del luogo, ma si governavano da sé: così le abbazie di Montecassino, Cava e Montevergine, l’Arcipretura di Altamura e il Priorato di San Nicola di Bari.
Un caso a parte era costituito dalla Cappellania Maggiore che aveva sede nella Regia Cappella Palatina all’interno di Palazzo Reale. Il Cappellano Maggiore era del tutto indipendente dall’Arcivescovo di Napoli e costituiva una Curia a sé stante, con giurisdizione in varie località dell’intero Regno su definite istituzioni religiose. Ad esempio, a Napoli, sulle parrocchie e rettorie nei castelli e negli ospedali e altre ancora.
In Sicilia vi erano tre arcivescovadi e dieci vescovadi suffraganei: Messina (con Patti, Nicosia, Lipari), Monreale (con Siracusa, Catania, Caltagirone, Piazza), Palermo (con Girgenti, Cefalù, Mazzara). Nell’isola, inoltre, vi erano giurisdizioni indipendenti: l’Archimandriato di Messina e la Badia di Santa Lucia di Melazzo; il primo aveva giurisdizione sulle parrocchie di rito bizantino e sui monasteri basiliani in Sicilia e in Calabria.
È nota la persecuzione cui per lo più fu sottoposta la Chiesa delle Due Sicilie, all’indomani dell’occupazione del 1860, per la sua lealtà al nostro Paese indipendente. Negli invasori non vi era alcun rispetto o tolleranza verso chi si opponeva. Anzi, mentre pronunciavano strumentali parole di facciata a proprio vantaggio, si verificavano in realtà numerosi procedimenti penali, incarcerazioni, sequestri, soppressioni e l’esilio di ben cinquantacinque vescovi: quello del Cardinale Sisto Riario Sforza, durato cinque anni, si concluse il 6 dicembre 1866. Un'ammirevole resistenza all'occupazione pagata a caro prezzo.
Spostandoci dal Palazzo Arcivescovile al Duomo - basta girare l'angolo - nella chiesa di Santa Restituta, che si trova all'interno della Cattedrale stessa, c’è un’epigrafe del 1862 che conserva qualche traccia di tale resistenza. Si trova di fronte allo splendido mosaico della Madonna del Principio, opera del 1322 di Lello da Orvieto.
Il lungo testo contiene interessanti informazioni storiche. Esso ricorda che, nel 1697, il canonico Michele Angelo Cotignola fece ristrutturare l’altare maggiore della chiesa, dove furono collocate le reliquie di San Giovanni IV e di Santa Restituta.
San Giovanni IV fu il 44° vescovo di Napoli, dall’anno 842 all’anno 849. Santa Restituta fu una martire del IV secolo, originaria dell’odierna Tunisia. Essa, dopo aver subito torture per la sua fede, fu lasciata in balia del mare su una barca che approdò ad Ischia, dove tuttora è patrona di Lacco Ameno. La tela attribuita a Luca Giordano con Restituta sulla barca, decora la volta della chiesa.
Ma di quella duplice presenza si era perduta memoria e allorché, quasi due secoli dopo, si dette avvio a lavori di sistemazione dell’altare, le reliquie furono ritrovate e quindi ricollocate con l’apposizione di cartigli entro fiale sigillate.
Fu proprio per tramandare l’evento del ritrovamento e la natura delle reliquie, che i canonici della cattedrale fecero incidere, con dovizia di particolari, la lunga iscrizione. In calce troviamo i loro nomi, ne segnalo alcuni.
- Giuseppe Tipaldi, che fu vicario episcopale durante l'esilio del Cardinale Sisto Riario Sforza imposto dal neonato Regno d'Italia. Fu coinvolto (ben al di sopra delle proprie responsabilità) nella vicenda delle maestrine coraggiose, che rifiutarono di giurare fedeltà ai Savoia. Subì perciò una pesante persecuzione giudiziaria.
- Luigi Monforte, che era stato catechista e confessore nell’educandato di San Marcellino, uno dei due in cui si svolse la vicenda sopra menzionata. Egli fu anche confessore di Margherita Salatino, una delle maestrine, quando questa ancora lavorava nell’educandato. Fu lui a dissuaderla rispetto alla precoce idea di fondare una congregazione religiosa; cosa che poi, sì, avvenne ma in altra forma e con San Ludovico da Casoria (Suore Francescane Elisabettine Bigie).
- Gaetano Sanseverino, filosofo e docente all’Università di Napoli, fondatore della rivista “La scienza e la fede” con sede nel Palazzo Fibreno a Napoli.
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Palazzo Fibreno. |
Questa casa editrice pubblicava, a partire dal 1841, due collane con cadenza mensile a cura di una Società di Ecclesiastici “Compilatori della Biblioteca Cattolica”. La prima collana era costituita da una serie di “Opere”, fascicoli ad argomento religioso maggiormente di carattere divulgativo che, semestralmente, componevano un volume con proprio indice. La seconda era la rivista dal titolo “La scienza e la fede”, pubblicazione più impegnativa, che comprendeva saggi e documenti ecclesiali.
Ci si poteva abbonare sia all’una che all’altra collana e le copie viaggiavano in porto franco in tutto il Regno, cosicché sugli abbonati non gravavano spese di spedizione. Anima profonda e sovente autore sulla rivista fu proprio il Sanseverino, mentre alla direzione della stessa per tanti anni vi fu don Antonio d’Amelio, Regio Revisore, docente di teologia e di storia della Chiesa.
Che cosa accadde dopo il 1860?
Gaetano Sanseverino fu allontanato dalla Biblioteca Reale meno di un mese dopo l’occupazione garibaldina di Napoli; a seguire gli fu tolta anche la cattedra all’Università.
La rivista “La scienza e la fede” dal 1861 iniziò la sua resistenza e incrementò la cadenza che diventò quindicinale, ma riuscì a sopravvivere solo fino al 1888.
Delle fabbriche lungo il corso del Liri e del Fibreno non restò quasi più nulla: il distretto industriale fu desertificato.
Dietro la facciata della cosiddetta unità d'Italia, la verità fu che la nostra terra era ormai diventata carta straccia.
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Santa Restituta (l'epigrafe è dietro l'ultima colonna a sinistra). |
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