Particolare della facciata della chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, con le due statue scolpite da Giuseppe Sammartino, l’autore del famoso Cristo Velato. |
Nell’XI secolo a Napoli iniziò l’importazione dalla Cina di seta che artigiani ebrei, stabilitisi nella zona di Portanuova, lavoravano con maestria. Quest'arte si sviluppò a tal punto in città nei secoli successivi, che nel 1477 fu costituita la Corporazione della Seta. Gli artigiani napoletani della seta la fecero crescere enormemente: essa dava lavoro ad una miriade di persone, dai filatori ai tintori ai tessitori. Anzi, ben presto il Regno si svincolò dall’importazione di seta dalla Cina e ne divenne un grandissimo produttore: in Calabria e in Sicilia, ad esempio, si sviluppò la coltivazione del gelso, alimento dei preziosi bachi e, naturalmente, l’allevamento di questi ultimi. Napoli divenne la città della seta, senza eguali in Europa.
Così, nel ‘500, la Corporazione della Seta si trovò ad avere il monopolio della produzione del filo e dei tessuti e, disponendo di notevoli risorse, fece costruire la Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, nel centro antico di Napoli, con annesso Conservatorio per le Figlie della Seta, un’opera di assistenza ed educazione per le ragazze povere, alle quali veniva insegnata l’arte della seteria.
Nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, che oggi è il risultato di interventi del ‘700, sono stati ritrovati sia il registro originario della Corporazione che preziosi paramenti tessuti tra ‘600 e ‘700. L’arte della seta a Napoli raggiunse risultati ineguagliabili, ad esempio riuscendo a realizzare un centinaio di sfumature del solo colore azzurro, oppure introducendo il “nero napoletano” un colore che non sbiadiva e si manteneva integro nel tempo a differenza delle colorazioni nere allora in uso, o dando vita ad un colore caratteristico chiamato “carmosino napoletano”: un rosso tendente all’arancione.
Particolare del pavimento maiolicato opera dei fratelli Massa, gli stessi che realizzarono il chiostro maiolicato di Santa Chiara. |
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