12/11/18

'O pezzotto italiano


In lingua napoletana un oggetto falsificato, ad esempio una borsa firmata, è chiamato “pezzotto” da cui deriva l’aggettivo “appezzottato”, cioè falsificato.
Ebbene, subito dopo l’occupazione del Regno delle Due Sicilie da parte del Regno di Sardegna, il regime italo-savoiardo, maestro nel falsificare la storia, aggiunse ai tanti anche ‘o pezzotto che oggi vi racconto.

Se a Napoli vi trovate a passare per l’incrocio all’altezza del deposito dei mezzi pubblici chiamato Garittone (cioè dove via Miano incontra via Nuova San Rocco), nella zona del Bosco di Capodimonte, fermatevi ad osservare un’edicola in piperno che incornicia un’epigrafe in marmo bianco, posta lungo il marciapiede esattamente di fronte all’ingresso del Garittone.
Quell’epigrafe è come la griffe falsificata su un capo di alta moda venduto su una bancarella. Essa fu posta all’inizio della strada chiamata via Santa Maria a Cubito (una porzione di essa ancora conserva l’antico nome), che metteva in comunicazione Napoli con i comuni della zona a nord della città. L’area servita dalla nuova strada era a forte vocazione agricola e, dunque, la sua costruzione rappresentava una benedizione per i tanti che portavano i loro prodotti verso la capitale, prima costretti a percorrere lunghi, scomodi e tortuosi sentieri. Un’opera pubblica di grande valore, insomma, che giungeva addirittura fino alla Terra di Lavoro, l’attuale provincia di Caserta.
L’epigrafe, in buono stato di conservazione, traccia i caratteri salienti della strada: questa via va da Capodimonte (Montem) fino a Mondragone (Draconis), per più di 25 miglia, e a Cascano (Cascanum) presso Sessa Aurunca (Suessam), per 30 miglia di lunghezza, completata nel 1861. O viandante, osserva i 40 ponti arcuati, di notevole utilità pubblica, attraverso otto comuni e come, per una cospicua parte, siano state imprigionate le acque dell’alveo inferiore del Volturno producendo un’ampia pianura.
Chi fece realizzare questa arteria che facilitava la vita di tante comunità? I Borbone Due Sicilie.
Ma l’inaugurazione ufficiale si tenne nel 1861, quando Napoli era già stata inglobata forzatamente nell’illegittimo Regno d’Italia. E così il nuovo regime, a caccia di consenso, fece apporre quell’epigrafe dal tronfio testo latino che ignorava i veri artefici dell’opera, proprio come un marchio falso, per pavoneggiarsi con un’opera pubblica di grande utilità economico-sociale che non aveva progettato, non aveva finanziato, non aveva costruito.


2 commenti:

  1. un sopruso fra mille altri, che molti, troppi, negano ancora.

    RispondiElimina
  2. Passo dopo passo ci riappropriamo della nostra dignità, identità e indipendenza sottratteci.

    RispondiElimina

Post più popolari