19/01/19

Un drago a Napoli



La basilica di San Lorenzo Maggiore, capolavoro gotico del Duecento con alcuni pregevoli rifacimenti barocchi seicenteschi, racchiude tante opere d’arte, tombe di personaggi illustri, sorprese e storie: le più note sono il soggiorno di Petrarca nell’annesso convento e il primo incontro tra Boccaccio e Fiammetta (Maria d’Aquino) nella chiesa stessa.

Se si perlustra attentamente il transetto destro, si vedrà sul pavimento l’effige di un drago. È uno dei segni di come, più volte, la storia di Napoli si sia incrociata con quella dell’Ungheria. Basti pensare, per fare un esempio, alla tragica fine di Andrea d’Ungheria, marito della regina Giovanna I, che provocò l’assedio di Napoli da parte delle truppe condotte dal re Luigi il Grande, fratello di Andrea, e quel meraviglioso episodio di difesa nonviolenta coraggiosa delle donne napoletane che si spinsero disarmate verso l’invasore (si può leggere la vicenda in  questo blog: Una straordinaria storia della Napoli medievale).
Uno dei sovrani magiari, Sigismondo (1368-1437), che fu non solo re d’Ungheria, ma ebbe altri titoli tra cui quello di Imperatore del Sacro Romano Impero, dovette fronteggiare più di una situazione di tensione e pensò bene, al fine di rinforzare la propria posizione grazie ad una cerchia di fedelissimi, di fondare nel 1409 l’Ordine del Drago, che fu impegnato nel contrastare sia l’espansione ottomana in Europa che l’eresia ussita, ufficialmente riconosciuto da Papa Eugenio IV il giorno di Pentecoste del 1433, allorché incoronò imperatore Sigismondo.
Molti a Napoli aderirono all’Ordine, tra cui anche il famoso re della dinastia aragonese Alfonso il Magnanimo ed il suo successore Ferdinando I. Che ci fa, dunque, il simbolo dell’Ordine del Drago a San Lorenzo Maggiore? La sua presenza è dovuta alla famiglia Cicinello (o anche Ciciniello, Cicinelli, Cicinella), del Seggio di Montagna, molti membri della quale appartenevano all’Ordine fondato da Sigismondo.
Il portale di Palazzo d'Angiò.
Quella dei Cicinello fu una famiglia che ebbe un ruolo di primo piano nel nostro Regno, soprattutto in epoca angioino-aragonese. In via Tribunali c'è un palazzo noto come Palazzo d’Angiò o Palazzo dell’Imperatore di Costantinopoli, perché appartenuto a Filippo I di Valois che aveva il titolo di Imperatore di Costantinopoli. Esso fu poi di Luigi di Taranto, secondo marito della regina Giovanna alla morte di quell’Andrea d’Ungheria sopra menzionato ma, a partire dalla seconda metà del Quattrocento, divenne della famiglia Cicinello. Un ramo di essa visse in Puglia, coi titoli di Principe di Cursi e Duca di Grottaglie. Pare che a Grottaglie si ricordi la storia di una monaca forzata, morta suicida per amore: si tratta di Mafalda Cicinello, che visse a Napoli e morì sul ponte della Maddalena con la testa del suo uomo tra le braccia, recisa dal padre per porre fine alla relazione.
Nella cappella di San Lorenzo Maggiore, tra le sepolture dei Cicinello, spicca il sepolcro di Buffardo Cicinello (con lo stemma di rosso al cigno fermo d’argento, lo scudo con bordatura dentata d’oro) sormontato dall’epigrafe che ne ricorda il rango e la data di morte: 31 gennaio 1455.
magnifici viri bufardi cicinelli de neapoli militis regni sicilie marescalli
obiit ano dni mcccclv die ultimo ianuarii.
Sulla destra della cappella, il sepolcro del figlio Giovanni adorno del drago.
 
La tomba di Matteo Ferrillo.
Dell’Ordine del Drago facevano parte anche membri della famiglia napoletana Ferrillo. Uno di essi avrebbe sposato Maria Balsa, figlia di Vlad III principe (voivoda) di Valacchia, della stirpe dei Draculesti, noto come Vlad l’Impalatore (Tepes) e membro dell’Ordine del Drago: terribile figura che ispirò a Bram Stoker la storia di Dracula il Vampiro. E a Napoli, secondo un'ipotesi di studio del 2014, egli sarebbe sepolto nel chiostro minore della chiesa di Santa Mara la Nova, la cui origine risale al XIII secolo, nella tomba di Matteo Ferrillo, padre di Giacomo: lo stemma della famiglia è sormontato dal drago.



In corrispondenza della tomba, alle sue spalle, c'è la cappella Turbolo della chiesa, a sua volta parte del cappellone di San Giacomo della Marca: in essa vi è una misteriosa iscrizione ancora da decifrare, in una lingua ed alfabeto sconosciuti, che conterrebbe più volte il nome Vlad.

Maria Balsa ed il marito Giacomo Ferrillo finanziarono la ricostruzione della cattedrale di Acerenza (PZ): nello stemma visibile sulla facciata svetta l’immancabile drago.
La cattedrale di Acerenza (foto dal web).

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